Di padre in figlio

Esistono padri orgogliosi della loro affermazione professionale e figli, che finiti gli studi, si ritrovano un percorso lavorativo già tracciato. Avviene, oggi, soprattutto nell’imprenditoria così come tra avvocati, notai, commercialisti. Professionisti che desiderano passare il testimone al proprio figlio o figlia affinché l’attività da loro creata non muoia, ma anche per offrire alla loro progenie una certezza di lavoro.

Avveniva per le antiche professioni artigianali, tramandate di padre in figlio che sono sempre state un punto di eccellenza del nostro paese e negli ultimi anni erano state un po’ accantonate. Era il famoso sistema Italia grazie al quale c’è stata una significativa spinta durante il boom degli anni Sessanta e che aveva già retto in maniera vigorosa durante lo choc della crisi petrolifera.

Il tramandare un’arte o una professione è una cosa nobile e allo stesso tempo fondamentale per l’uomo data la necessità e l’importanza del lavoro.

Tuttavia, tale tradizione ai nostri giorni ha iniziato ad avere ad oggetto non più solo professioni ma qualcosa di leggermente diverso, ebbene si, ci si riferisce a delle posizioni (di privilegio) quali appunto le cariche politiche che, nate per servire il bene comune sono ormai “cosa privata”.

Ciò che si tramanda, purtroppo, non è un mestiere, cioè un bagaglio inestimabile di conoscenze, bensì il governo della “cosa pubblica”. In realtà, sarebbe il caso di non parlare di tradizione ma di sostituzione (o di successione) di uno nel posto precedentemente ricoperto da un altro.

E di ciò c’è da andarne fieri e festeggiare come fa l’ex governatore.



Smettiamola, allora, con le solite manfrine del “nuovo che avanza”, del “largo ai giovani”, del “c’è bisogno di cambiare”, balle!

Proprio perché ancora attualissimo il pensiero di Tomasi Di Lampedusa, non si cambia un bel niente, anzi, si peggiora.

E allora largo ai figli (non certo d’arte) degli Onorevoli Tizio e Caio, largo ai nuovi candidati apparenti (come il socio nelle società) e a quelli marionetta. Largo anche ai “grillini” che il giorno prima erano cittadini qualunque e il giorno dopo le elezioni si improvvisano politici (solo “5 stelle”…ci aspetta una notte più che buia, anche perché, per dirla con proverbiale saggezza “cchiù scuru di menzannotti ‘un po fari”…purtroppo le rivoluzioni non si improvvisano caro Beppe).

Il risultato elettorale si commenta da solo: un festival della vergogna dove purtroppo nessuno dei protagonisti arrossisce e a cui poco importa che la maggioranza degli elettori sia stufa e rassegnata.

Non c’è nessun vero vincitore, ma solo tanti sconfitti, prima tra tutte l’intelligenza della gente.

E allora suona proprio come uno scherno quello slogan sul “pizzino” elettorale di Lombardo junior, quel “liberi di crederci” che ti dà un certo senso di sfottò beffardo, che lascia l’amaro in bocca e la tristezza per un domani preoccupante: quel motto elettorale sembra dirti “che tu ci creda o no la realtà è questa”.

C’è bisogno di un vero vespro siciliano, soprattutto culturale, se non vogliamo soccombere sotto il peso di questo enorme nulla dilagante. 

 

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Van Gogh, Notte stellata
Van Gogh, Notte stellata

Love is not love

 

Which alters when it alteration finds,

 

Or bends with the remover to remove:

 

O no! it is an ever-fixed mark

 

That looks on tempests and is never shaken;

 

It is the star to every wandering bark,

 

Whose worth's unknown, although his height be taken.

 

Love's not Time's fool, though rosy lips and cheeks

 

Within his bending sickle's compass come:

 

Love alters not with his brief hours and weeks,

 

But bears it out even to the edge of doom.

 

If this be error and upon me proved,

 

I never writ, nor no man ever loved.

   

                 William Shakespeare - sonnet 116

Italian translation
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http://gianliuk.jimdo.com/

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