Unità d'Italia

L'altra faccia della medaglia


Intervista alla storica Angela Pellicciari sull'unità d'Italia - Radio Tempi

Tg2 Dossier - Un'Altra Storia

Alla vigilia dell'invasione, il Regno delle Due Sicilie godeva di prosperità e stabilità. Contrariamente a ciò che si voluto ritenere, l'amministrazione dei Borbone aveva fatto delle regioni del sud e di Napoli in particolare le terre meglio governate della penisola. 
Tristemente, a tutto ciò si mise fine nell'inverno del 1860-1861 grazie unicamente alla spregiudicatezza della politica piemontese, alle incertezze borboniche e al tradimento di chi avrebbe dovuto difendere trono e patria.

Tg2 Dossier - Garibaldi: l'eroe dai due volti

Sebbene tutta la penisola conoscesse già Garibaldi nelle vesti di schiavista (lo comprovano le sue scorribande in America Latina), viene comunque assoldato e condotto alla partenza con i suoi “Mille”. Partono da Quarto (Genova) imbarcati sui piroscafi “Piemonte” e “Lombardo”, alla volta del Regno delle Due Sicilie. A Garibaldi era stata segretamente versata dal governo inglese e dal Piemonte l'immensa somma di tre milioni in piastre d'oro (molti milioni di dollari odierni), che sarebbe servita soltanto a corrompere i dignitari borbonici e pagare il loro tradimento. Ma finita l’invasione, il Garibaldi acquistò con i soldi rubati dall'erario del Banco di Napoli, l’intera isola di Caprera., tanto che qualche anno più tardi egli si vide recapitare una lettera del direttore del suddetto istituto bancario, con la richiesta esplicita di restituzione della somma sottratta, volendo credere che questo fosse solo un prestito “mal chiesto”. Non restituì nulla. Il valoroso percepì anche un "contentino", versatogli in parte dal Re Vittorio Emanuele II e in parte dagli Inglesi, per un totale di 3 milioni. Entrata così a far parte del Regno d'Italia, la Sicilia, nel giro di pochi anni si vide spogliata dell'ingente patrimonio di quei Beni Ecclesiastici che fruttarono allo Stato 700 milioni del tempo, della riserva d'oro e d'argento del suo Banco di Sicilia, e vide portato il carico tributario a cinque volte piú del precedente. 

Come accertò Giustino Fortunato, mentre per l'anno 1858 esso era stato di sole lire 40.781.750 per l'anno 1891, le sue sette province registrano un carico di lire 187.854.490,35. Si inasprirono inoltre i pesi sui consumi, sugli affari, sulle dogane, le tasse di successione (che prima non esistevano), quelle del Registro (che erano state fisse), quelle di bollo, per cui nel 1877 queste tasse erano già pervenute a 7 milioni e nel 1889-90 avevano raggiunto i 20 milioni. La vendita del patrimonio dello Stato (ossia del demanio dell'ex Regno della Due Sicilie) impinguato dai beni dei soppressi Enti Religiosi e sommato alla vendita delle ferrovie, aveva fruttato allo Stato italiano oltre un miliardo, senza contare il capitale dei mobili, delle argenterie e tutta la rendita del debito pubblico, posseduta dalle Corporazioni religiose, che venne cancellata del tutto. E non erano "beni della Chiesa di Roma", ma frutto dell'accumulazione di famiglie siciliane investito sul "figlio prete". Questa è solo una minima parte di quei danni che l’invasione scellerata dei Savoia produsse in tutto il Sud d’Italia. 

La parola Mafia non esisteva; fu proprio dal brigantaggio dovuto alla guerra sardo piemontese che, incontrollati, diversi delinquenti si mischiarono alla povera gente, stanca delle false promesse delle camicie rosse. L'invasione di uno Stato in pace senza dichiarazione di guerra, agevolata da fenomeni di corruzione e dalla connivenza della Massoneria. Questo fu lo sbarco. L'epopea dei Mille è nota in tutto il mondo. Mille uomini, e per di più 'civili', che conquistano un regno vecchio di oltre settecento anni.

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